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Ingólf Arnarson. Dramma epico in versi liberi. Un Prologo e cinque atti
Prefazione di Lorenzo Spurio, Postfazione di Lucia Bonanni, con una Nota storica di Marcello Meli, Quarta di copertina di Francesca Luzzio, Le Mezzelane, Santa Maria Nuova, 2017, pp. 188, ISBN: 9788899964634. Opera in copertina «Oltre le apparenze» (2016) di Alberta Marchi.
Lorenzo Spurio: «[L]a cesellatura dei versi liberi operata dall’autore, lo studio attento dei caratteri, la descrizione circostanziata e puntuale delle scene, l’esatta orchestrazione degli avvenimenti s[o]no ingredienti tutti concatenati tra loro che dimostrano in maniera assai stupefacente il grande lavoro prodotto da Emanuele, non solo fine poeta, ma anche studioso della forma, ricercatore del bello, costruttore di una trama frastagliata e avvincente, creatore di un’epopea cavalleresca anacronistica alla nostra letteratura kitsch e improntata al consumo. Marcuccio, sulla spinta di una suggestione profonda verso l’Islanda - terra mai visitata ma vissuta emotivamente tramite apparati storici e documentari - è riuscito ad entrare nell’anima di un popolo, a fornircene la trama, a vivificare un periodo storico molto distante dalla nostra contemporaneità». Dalla Prefazione (pp. 30-31)
Lucia Bonanni: «[I]n un’opera teatrale quando è il momento giusto per alzare il sipario? A quale scena affidare il punto d’attacco? [...] Quello che delinea Marcuccio nel suo dramma in versi, è un valido e imponente punto d’attacco che fin dall’inizio lascia intendere che la tensione sviluppata dai personaggi è in grado di adombrare il conflitto, dato che la posta in gioco che si annuncia è un qualcosa di non confutabile, vero e vitale. [...] I personaggi scelti e descritti da Marcuccio, sono orchestrati nel loro profilo tridimensionale, commisurati al movimento e forti nell’agire, calati nella categoria di appartenenza e capaci di evolversi fino alla giusta conclusione; il protagonista possiede la medesima forza dell’antagonista e le varie personalità in conflitto giungono sempre allo scontro». Dalla Postfazione. Una introduzione alla drammaturgia dell’Ingólf Arnarson (p. 165)
«Il dramma in versi di Emanuele Marcuccio trasporta il lettore in un Eden letterario dove la dimensione atemporale della scrittura fa emergere la nobiltà d’animo dell’autore. Anche nelle scene più cruente, drammatiche e talvolta meno erudite si palesa quella dolcezza di fondo che mitiga l’asprezza della parola e dona la poiesi sperata. Le belle descrizioni dei paesaggi, della flora e della fauna nonché la stilizzazione dei personaggi sono opera magistrale di un orafo che cesella la chiarità di ogni singolo verso nel ‘modo epico’ dell’intreccio narrativo. Straordinaria la chiusa col dono dell’Amore che fluisce ad irrorare di nuovo le anime di grazia divina».
Francesca Luzzio: «Un non so che di magico e di unico, pur nella presenza di topos epici, promana dai versi del dramma, «Ingólf Arnarson» di Emanuele Marcuccio che con abilità metamorfica, sa ricreare nel suo animo una pluralità di sentimenti e ragionamenti quali i personaggi progressivamente vivono ed esprimono; insomma, per dirla con Aristotele, indossa l’habitus e il conseguente agire dei vari personaggi con abilità davvero unica. [...] La forma drammatica rende ancora più interessante e coinvolgente l’epicità degli eventi narrati: guerra, potere, fama, amore, religione, morte sono alcune delle categorie umane che s’intrecciano e si sviluppano in un contesto incantato quale solo la nebbiosa isola d’Islanda poteva offrire. [...] Narrazione e poesia confluiscono e scorrono leggeri nella fluidità lessicale e metrica che Emanuele Marcuccio ha saputo elaborare sia che descriva la verde Islanda, sia che narri di combattimenti ed azioni o di stati d’animo eterogenei, quali solo l’uomo sa vivere e concretizzare nel suo agire». (Dalla Quarta di copertina)
Giorgia Catalano: «Ogni scena descritta è un richiamo visivo che accompagna il lettore ad immaginare un palcoscenico su cui i protagonisti dell’opera si alternano con i propri sentimenti, paure, insicurezze; sempre, però, con la forza descrittiva, impressa dal nostro autore.
Ogni personaggio, infatti, è caratterizzato da un determinante e forte senso di identità, da un carattere ben preciso che contribuisce a creare, intorno al lettore, l’atmosfera giusta che gli consente, idealmente, di vivere, in prima persona, questa storia».
Luciano Domenighini: «Un empito epico continuo, inesausto, sostiene questo dramma antico. [...] L’epos, s’intende, è quello marinaro e guerresco, immediato e violento, cruento e rutilante, che canta i sentimenti umani interi e primordiali: l’ansia di vittoria, l’ebbrezza della conquista, l’amarezza della sconfitta, l’irresistibile trasporto amoroso, l’odio inestinguibile, la sete di vendetta.
In questa “Iliade dei fiordi”, agisce pur tuttavia un destino benigno, una luce d’amore, che si configura come una sorta di provvidenza precristiana tesa alla redenzione, alla catarsi rifondante».
Francesco Martillotto: «Una materia crudele, nordica, torbidamente orrenda e cupa ma con meravigliosi squarci e sfondi ambientali pieni di luce, capace di dare ristoro fisico e psicologico, anima il dramma epico Ingólf Arnarson, frutto della vis lirico-tragica del Marcuccio. Nell’avvincente trama si intrecciano laceranti passioni, l’incontrollabile irrazionalità, la disarmonia degli affetti, lo scandaglio degli inconfessabili abissi della coscienza, comprovato dall’ampio campo semantico inerente al tormento, al dubbio e all’animo tempestoso; tutto ciò è sorretto da un sapiente linguaggio retoricamente ricercato e modulato».
Giusy Tolomeo: «Vive, nell’immaginario di Emanuele Marcuccio, una terra lontana geograficamente dalla sua amata Palermo, un luogo di eroi dove il sogno si dispiega in incontri dal sapore fiabesco e antico».
Stefano Baldinu: «Misurarsi con un’opera destinata al teatro non è mai semplice, tanto più se questa è scritta in versi, ma proprio la compattezza stilistica del verso libero, che non rischia mai di sconfinare nella prosa lirica, utilizzato da Marcuccio, consente all’Ingólf Arnarson di presentarsi al lettore come un prodotto letterario curato nei minimi dettagli, di pregevole fattura, che si legge e sa farsi leggere.
Di grande effetto la chiusa dove l’amore dei protagonisti si innalza fino alla Divina Provvidenza che pare restituirlo irrorando la terra di pace».
Felice Vinci: «Ecco una novità del tutto inaspettata: dopo tanti secoli il mondo delle saghe nordiche rivive ad opera di un poeta contemporaneo. Si può supporre che nelle vene del palermitano Emanuele Marcuccio scorra sangue normanno, a giudicare dalla potenza e dalla grazia dei versi sciolti che costituiscono il suo dramma epico, assolutamente degno dei carmi dell’Edda. Un’opera straordinaria, di respiro europeo, con cui la poesia di oggi finalmente si riappropria della dimensione epica».
Michele Miano: «[L]’opera di Marcuccio affonda le radici non solo in un solido retroterra culturale di matrice classicheggiante ma mescola sapientemente episodi, personaggi leggendari con dovizia di particolari descrittivi tali da rendere vivo, attuale e “palpitante” il suo dramma epico, rinvigorendo ancor di più quegli ideali di libertà, giustizia e indipendenza, cari a tutti i popoli. Non più un dramma epico calato nella lontana e remota isola di Islanda del IX secolo d.C. ma quasi una metafora di una “meta-realtà”, una sorta di tentativo di riscatto dell’umanità intera da ogni forma di colonizzazione e soggiogamento fisico e morale. Un monito nei confronti dell’umanità intera nell’acquisizione di una nuova e moderna coscienza, senza mai dimenticare le proprie radici e la propria identità».
Teocleziano Degli Ugonotti: «Desiderio di conquista, avidità di possesso, riscatto della gloria, la purezza di un amore, la conversione a Dio: elementi brillantemente dosati nel singolare dramma epico del poeta e drammaturgo Emanuele Marcuccio. Seppur ambientato nelle disperse terre ghiacciate islandesi in tempi ancestrali, i personaggi sono animati da stati d’animo roventi, audaci, per l’impeto e la forza che caratterizza le ‘Epiche’ gesta delle genti del Nord Europa. La musicalità del verso libero, il dettaglio delle ambientazioni, la rapidità dell’avvicendarsi delle situazioni, la rendono un’opera magistrale e fortemente teatrale».
Aldo Occhipinti: «Un dramma maestoso in cui Emanuele Marcuccio dimostra di sapersi ben destreggiare in un’ampia struttura narrativa, pur rimanendo un poeta lirico propenso a fermare la fugacità dell’attimo. Quest’opera, questo capolavoro frutto di lunghi anni di ricerca poetica e storica, non può certo lasciare indifferente il lettore attento, che certo noterà l’audacia e l’originalità classica di uno scritto che, in tempi di pochezza creativa e di appiattimento letterario, giganteggia con tutto il fascino statuario dell’opera d’arte».
Nazario Pardini: «Una vera metamorfosi cristallina che la dice lunga sulle capacità analitico-introspettive dello scrittore. Il panorama Islandese, ambientazione della vicenda, ci mette del suo, tramite quadri misteriosi e sfumature di verdi brumosi, nel concretizzare l’azione e l’autonomia dei protagonisti in questione. Un’opera che invita a riflettere sull’uomo, sulle sue debolezze, la sua storia; un messaggio di vita e di libertà che scaturisce da una versificazione sciolta, suadente e convincente, dove la trama si dipana in un climax di forza e visività».
Teresa De Salvatore: «Non mi azzardo neanche lontanamente a recensirlo, perché persone molto più qualificate di me lo hanno fatto in maniera eccellente: io ho una formazione culturale filosofica e non letteraria.
Mi esprimo invece come lettrice.
La mia sorpresa e il mio apprezzamento vanno alla scrittura: è stato sorprendentemente meraviglioso leggere un genere letterario tanto impegnativo - scritto con grande competenza - con il gusto, la scorrevolezza e il coinvolgimento con cui si legge una fiaba.
Il genio poetico dell’autore ha compiuto un miracolo».
Rosa Cassese: «Nel suo dramma epico in versi liberi «Ingólf Arnarson», l’autore [d]imostra una mente prolifica, capace di concatenare fatti di guerra, eventi lieti o amorosi, scontri anche cruenti, con una capacità tale da avvincere il lettore, nonostante la difficoltà del “gustare” l’epica drammatica. [...] Un ottimo libro da proporre come lettura scolastica per forgiare le menti, facendole appassionare alla cultura e al gusto del verso fluente e savio».
Valeria Poggi: «I temi tipici della tradizione epico-cavalleresca vengono affrontati con originalità e attraverso l’uso di un linguaggio volutamente facile ed attuale. Emanuele Marcuccio è davvero bravo a permeare il suo stile di leggerezza e semplicità, attraverso un fine lavoro di cesello».
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